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13 luglio 2017 |
Dalla semplificazione anti/ideologica ai nuovi fascismi |
La nuova filosofia politica sdoganata dai “pentastellati”, in occasione del dibattito alla camera su fascismo e antifascismo, induce a una qualche piccola riflessione perché mi sembra foriera di qualche grossa ambiguità. In tempi come questi dove la confusione sovrana sembra dilatarsi “ad ogni piè sospinto”, invece di aiutare a comprendere aiuta al contrario ad aumentare l’accozzaglia di cose non comprese che ci sommerge. Quando Di Maio sostiene (citato dall’articolo Né di destra né di sinistra, riportato qui sotto) che “tra i cinquestelle c'è chi si rifà ai valori portati avanti da Berlinguer, chi a quelli di Almirante e chi a quelli della Dc, perché il M5S è post-ideologico”, afferma qualcosa che, oltre ad esser destabilizzante, è in realtà privo di senso. Se infatti mi rifaccio ai valori di apertura democratica portati avanti da Berlinguer, non posso trovarmi sullo stesso piano di chi propugna quelli di Almirante, il quale fondò il Msi per dare una continuità istituzionale al fascismo sconfitto. Dal momento che il fascismo è, appunto, la distruzione di ogni democrazia e la negazione di ogni libertà, chi vuole la democrazia non può allo stesso tempo volere il suo affossamento. Tanto più chi, per esempio, come me aspira all’anarchia, cioè al massimo possibile di libertà sociale, non può convergere e trovarsi sullo stesso piano di chi nega il principio e la pratica di ogni libertà. È la famosa “…contraddizion che nol consente…” di dantesca memoria. Chi si rifà, vivendoli coerentemente, ai principi e ai valori della democrazia e della libertà, non può, proprio per la natura delle sue convinzioni, trovarsi accomunato o sullo stesso piano di chi propugna il contrario, cioè visioni fondate su dittature o monocrazie. Trovo perciò assurda questa propugnazione pentastellata che si autodefinisce post-ideologica. Il prospettare la possibilità di un movimento organizzato che sia un calderone informe, dove dominerebbe un’esasperata semplificazione perché ci sta tutto e il contrario di tutto, fino a propinarci una “brodaglia” che alla fin fine non potrà che essere insapore e indistinta, non può che essere fuori dalla realtà. Se un tale movimento esiste e si mostra, come sembra a sentire Di Maio, e sarebbe il M5s, ebbene non può che essere una finzione o una truffa, perché partigiani e camice nere, che a suo tempo giustamente si presero a “schioppettate” e finì con la sconfitta delle camice nere, non solo non hanno nulla in comune, ma sono dichiaratamente nemici e vogliono cose talmente differenti tra loro che tendono ad eliminarsi. Se ciò non avviene dentro i Cinquestelle è perché quelli che riescono a starvi dentro insieme o sono antifascisti o sono fascisti, o non sono né l’uno né l’altro, al di là delle dichiarazioni contrabbandate. Dalle ultime molteplici dichiarazioni che si susseguono freneticamente di giorno in giorno non danno certamente l’idea di essere antifascisti. Strettamente collegato a questo argomentare è il “pseudo/dibattito” di questi giorni, sorto in conseguenza della denuncia fatta da Repubblica sulla “spiaggia fascista di Chioggia”. Dopo tanto tempo ha portato a ridiscutere di fascismo e antifascismo anche in parlamento. Trovo stucchevole, ipocrita e ingannevole l’affermazione che ne è scaturita da più parti, secondo cui l’opinione dei sostenitori del fascismo dev’essere libera di esprimersi come ogni altra opinione. Se qualcuno fa un ragionamento filosofico o storico e trova qualche valore nel fascismo, lo contrasteremo sullo stesso piano dialettico, ovviamente. Ma il bagnino di Chioggia, o quelli di Casa Pound, o i nazi-razzisti del KuKlusKlan, o i naziskin, o qualsiasi altro fanatico militante del neofascismo e neonazismo avanzanti, non hanno nulla a che fare con ragionamenti filosofici, o pareri, o punti di vista, et similia. Sono invece, per loro stessa dichiarazione, combattenti per l’instaurazione di dittature spietate e disumane, con chiari riferimenti al regime fascista del ventennio e al nazismo di hitleriana memoria. Saremmo stupidi se li trattassimo semplicemente come opinion-maker. A questo risvolto, a mio avviso infido e simulatore, rispondo con le stesse parole che ho usato per un intervento in una pagina facebook due giorni fa: «"Io ti voglio togliere la libertà", "Tu farai quello che dico io altrimenti botte e olio di ricino", "La libertà di stampa e di opinione va eliminata", "Le organizzazioni operaie e il libero associazionismo vanno soppressi per obbligare tutti a far parte di organizzazioni dello stato gestito da noi", e via di questo passo, non sono opinioni, ma minacce che, se trovano la forza e la possibilità d'imporsi, lo faranno senza remore e nel modo più crudele. Coloro che gridano "ordine e disciplina, altrimenti me ne frego", come l'imbecille di Chioggia, pensano sempre che debbono essere loro a stabilire quale ordine e quale disciplina, non certamente chi la pensa in modo diverso. In fondo Weber lo ha spiegato molto bene, chiarendo che lo stato è di chi riesce ad annettersi l'uso legittimo della forza, una legittimità stabilita da se stesso, ovviamente.» Dico allora che la democrazia fa bene, perché è nella sua natura, a permettere a chiunque di esprimere ciò che pensa, ma allo stesso tempo, soprattutto dopo l’esperienza storica mussoliniana, non si dovrebbe permettere di guardare la distruzione delle libertà che stanno tentando di portare avanti in modo pianificato i supposti “opinionisti” del nuovo fascismo e del nuovo nazismo, perché non sono tali, ma soldati dell’oppressione e delle nuove tirannie che si stanno espandendo. Ed è qui il punto dolente della questione, perché stanno aumentando progressivamente i consensi popolari nei loro confronti, oltre a non essere più percepiti come nemici della democrazia e della libertà da un numero sempre più elevato di persone. Soprattutto in seguito al continuo deprimente spettacolo delle attuali cosiddette democrazie, le quali sempre di più sono in realtà “non/democrazie”, la mia impressione è che ci sia un progressivo allontanamento dalla cultura e dalla pratica delle libertà autentiche, che progressivamente stanno diventando riferimento solo di una minoranza sempre più ristretta. E questo, lo ripeto, grazie soprattutto a chi, per biechi interessi personali, negli ultimi decenni ha fatto scempio delle possibilità di libertà che ci eravamo conquistati. In questo senso il nuovo fascismo e il nuovo nazismo aggiornati hanno già cominciato a vincere. Se diverranno, come comincio a temere, volontà generalizzata di popolo, non servirà più a nulla tentare di fare i “nuovi partigiani” o i nuovi “arditi del popolo”, perché abbiamo già cominciato ad esserne travolti. Andreapapi |
Né di destra, né di sinistra così Di Maio e Di Battista sdoganano il regime |
17 marzo 2017 |
Il nulla di una tragedia: la terribilità del terribile |
Nella notte di sabato 11 marzo a Koshe, vicino ad Addis Abeba capitale dell’Etiopia, è crollata una collina, una gigantesca discarica, abbattendo 30 abitazioni di fortuna e provocando 46 morti, 32 femmine e 14 maschi, e 28 feriti. Tutti esseri umani e case dopo la tragedia definiti abusivi, che stazionavano in quei pressi per rovistare tra quei rifiuti alla ricerca di qualcosa per sé, o da rivendere al fine d’intascare qualcosa che li sostenesse nella loro grama, molto grama, sopravvivenza quotidiana. Ho scritto dopo la tragedia, perché prima di questo tragicissimo crollo erano sistematicamente ignorati, vissuti e pensati quali “rifiuti tra i rifiuti”, alcune unità viventi ai margini, numeri non catalogati parte di quei miliardi di persone che popolano il mondo in incognito. Che esistano o non esistano è indifferente. Il loro destino non incide nell’andamento delle cose e non conta. È al di là dell’ordinario e dello straordinario. Una notizia appena annunciata, sentita per caso da un notiziario del mattino di domenica 12 marzo, poi trovata, con un po’ di faticosa ricerca, tra le notiziole di qualche quotidiano cartaceo e in internet tra le news di ultimissimo piano. Subito dopo scomparsa dall’orizzonte delle informazioni, assieme alle tantissime notizie di cronaca e di gossip che affollano le nostre giornate. È un fatto, come tanti altri, che non può essere altro e che forse è bene sapere, che per qualche attimo ci può creare una qualche commozione, magari spingendoci a qualche imprecazione contro questa terribile “contemporaneità di merda”, capace di avvolgerci e di anestetizzarci. Nell’immenso amalgama del quotidiano contemporaneo ognuno di noi è come questa tragicissima breve notizia. Che ci siamo o che non ci siamo. Che facciamo notizia o che non la facciamo. Che ci capiti di morire o che ci capiti di vivere. Il non/senso di questa vita, il non/senso di queste vite, incombe, senza seguire in realtà nessun destino. Il destino, il fato, dipendono dalla presenza degli dei e delle dee che impostano e dirigono i movimenti della natura. Oggi gli dei sono scomparsi e con loro è scomparso il fato, il destino. Non c’è più nulla di fatale. L’umano e l’andamento delle cose, sempre meno legato a quello della natura, sono strettamente dipendenti dal fare umano. Abbiamo tradito gli dei e la natura e ci siamo richiusi in noi stessi, creandoci, per stupidità nostra non per volontà del fato, una quantità abnorme di catene che ci abbruttiscono la vita. Così ci siamo imposti il denaro, l’avidità del denaro, e il potere, l’avidità del potere, schiavizzandoci l’un l’altro, lasciando che pochissimi accumulino ricchezze, potenza e prepotenza schiacciando tutti gli altri noi. Non sappiamo e non vogliamo neanche più ribellarci. Sappiamo soltanto ogni tanto scatenare violenze di rabbia che esplode, che non sono minimamente in grado di invertire la rotta, anzi confermandola, spesso ormai senza sapere né contro chi né contro cosa, continuando a subire la violenza di un andamento imposto da cui non sappiamo e non vogliamo liberarci. Il caos liberatorio e creativo dell’anarchia, l’ordine caotico liberante, ha perso. Almeno per ora! Il caos annichilente e assassino del dominio trionfa, capace con sempre più infingardaggine d’infiltrarsi nei nostri cuori e nelle nostre menti. Si ha sempre di più l’impressione che ne siamo irreparabilmente soggiogati. Eppure una vocina continua a suggerirmi Lasciamo il pessimismo per tempi migliori. Andreapapi |
Etiopia, frana nella discarica di Addis Abeba Il dramma della povertà in Etiopia |
24 dicembre 2016 |
L’addomesticamento ideologico dello stupro Sei anni fa, nella sede della rete antifascista di Parma, una ragazza diciottenne subì uno stupro in mezzo a un piccolo pubblico plaudente. La ragazza violentata, che nel frattempo ha continuato ad essere umiliata e offesa, ha poi finalmente trovato il coraggio di denunciare la violenza subita, continuando a subire altre offese e millanterie da quel mondo che dovrebbe essere contro la violenza di ogni potere. Ora tre militanti della rete antifascista sono sotto processo accusati di stupro. Per usare un linguaggio militante usuale, “sono nelle mani della repressione di stato”. Per fortuna alcune realtà dell’antagonismo hanno rotto l’omertà e la cosiddetta “solidarietà militante”, schierandosi dalla parte della ragazza e dandole la loro solidarietà. Qui sotto riproduciamo due documenti, pubblicati nel web. Uno è del centro sociale Gabrio di Torino, l’altro firmato “Romantik punx”. Entrambi spiegano le loro motivazioni per cui si sono schierati dalla parte della ragazza stuprata contro il militantismo antagonista che vuole proteggere i “compagni” sempre e comunque, anche quando compiono azioni efferate come uno stupro. Entrambi, facendo conoscere il loro punto di vista, solidarizzano adducendo una motivazione politica, che cioè lo stupro è di per sé sempre un atto fascista, indipendentemente che chi lo faccia si auto/qualifichi fascista o antifascista. Un’argomentazione che sta trovando parecchi sostenitori, soprattutto nell’ambito della sinistra non parlamentare. Ciò che mi propongo di mettere in discussione è proprio questo concetto dello stupro/fascista. Non lo ritengo convincente, soprattutto mi sembra che falsi il problema con un’attribuzione ideologizzante e apriopristica che ne devia la comprensione. Che un atto violento come lo stupro si attagli a una logica di sopraffazione di tipo fascista, come di qualsiasi altra di stampo autoritario, è, secondo me, indubbio. Ma questo non significa che ne sia una caratteristica specifica. Per prima la cosa più banale: se fosse una qualifica caratteristica, in particolare distintiva, del fascismo, questi in qualche modo lo rivendicherebbe e lo propaganderebbe. Diciamo che per noi i fascisti possono benissimo stuprare. È però fuori dalla realtà dichiarare che tutti i fascisti sono così, come pure è un dato di fatto che molti di loro, sia maschi sia femmine, sono contrari all’atto dello stupro. A differenza per esempio degli jihadisti dell’Isis, che invece lo dichiarano e lo sostengono. Per l’idea che abbiamo dei fascisti è per noi naturale identificare una simile violenza con il loro modo di essere. Ma si tratta di una nostra idea e una nostra supposizione. Il che non significa che sia anche la realtà effettiva. Faccio un esempio al limite per spiegarmi. Quando lo stato e gran parte dei fascisti ritengono che l’anarchismo sia in sé un fatto terrorista, trovano di conseguenza naturale supporre e propagandare che ogni anarchico, in quanto tale, è un terrorista. Ma noi sappiamo che nulla è più lontano dal vero e continuamente dobbiamo occuparci di smentire e smontare una simile infamante accusa. Con una tale attribuzione potrebbero sorgere involontariamente anche delle conseguenze quasi comiche. Per esempio si potrebbe supporre che i tre accusati, prima noti antifascisti addirittura militanti, dopo lo stupro compiuto siano diventati fascisti. In realtà son sempre stati e continuano ad essere antifascisti, perché lo sono ideologicamente, anche se sono portatori di comportamenti maschilisti/stupratori. Perché il maschilismo e la cultura patriarcale ci è stata indotta da secoli e millenni di prevalenza androcratica e non basta un’adesione ideologica per togliercela di dosso. Basti del resto pensare che durante la storia umana si è sempre stuprato, fin da millenni prima che il fascismo prendesse il sopravvento. Questi storicamente corrisponde a un regime politico della prima metà del secolo scorso, fornito di una sua mentalità e una sua mistica. Lo stupro invece è un atto tipico della mentalità e della logica androcratica portata all’estremo. Lo hanno sempre fatto i soldati quando hanno invaso territori, lo fecero i crociati con l’occupazione della Palestina alla prima crociata, lo hanno sempre fatto tutti gli usurpatori e i colonizzatori, di destra e di sinistra. La brutalità e la sopraffazione è tipica della prevalenza violenta di genere. Genere maschile che sottomette genere femminile al di là e contro la sua volontà È una conseguenza conseguente della cultura della predominanza di genere, secondo cui il maschio deve dominare la femmina, ritenendo la sottomissione della donna alla volontà dell’uomo facente parte dell’ordine “naturale”. In un certo senso i primi a sancire questa supremazia sono stati gli ebrei che, come dimostra bene Ida Magli, anche giuridicamente consideravano la donna una specie di via di mezzo tra l’animale e l’uomo. Ma soprattutto i romani che, con l’istituzione del “pater familias”, ne avevano sancito il diritto di vita e di morte sulla famiglia (moglie figli e servi compresi) di sua appartenenza e su tutto ciò che era di sua proprietà all’interno della domus. Non a caso il “dominio”, che ancor oggi significa potere assoluto su cose e persone assoggettate, prende significato, appunto, dalla proprietà sulla domus così intesa. Non trovo perciò corrispondente al vero sostenere che lo stupro in quanto tale sia fascista, ritenendo un tale assunto più una distorsione ideologica che altro. Lo stupro è da sempre un atto d’imposizione violenta e brutale sulla donna da parte del maschio, che, sostenuto da una millenaria cultura di violenta predominanza, si ritiene in diritto di sottometterla e farne ciò che più gli aggrada. È un’espressione terrificante della cultura androcratica e maschilista ancora dominante in troppe parti e situazioni, che purtroppo attraversa trasversalmente le appartenenze. Ridurlo a un modo d’essere del fascismo, oltre a fare un’evidente operazione teorica riduttiva, rischia di restringerne la portata, riducendolo a qualcosa di molto più ristretto di quello che effettivamente è. Diciamo che è un po’ limitato e limitante attribuire sempre ogni nefandezza autoritaria e ogni brutalità prevaricatrice al fascismo, il quale è solo una delle espressioni storicamente manifestatesi dell’autoritaritarismo e delle sue nefande efferatezze. La gamma degli autoritarismi, dei dispotismi, dei cesarismi, delle tirannie è molto ampia, soprattutto molto più antica e varia nel suo manifestarsi, del fascismo e dei suoi emuli. Andreapapi |
C.S.O.A. GABRIO Al di là del Buco |