Il problema si ripropone. Il 1 maggio 2015 a Milano, in occasione dell’apertura ufficiale dell’EXPO, il bisogno di rivolta radicale e totale contro il sistema di cose presente prorompe e s’impone. Innegabilmente è un sacrosanto diritto di tutti gli oppressi e tutti gli sfruttati, fa parte della tradizione di lotta operaia, rientra nelle tattiche rivoluzionarie.O.k., d’accordo, ma chi se ne frega. Dovrà pure in qualche modo essere e rappresentare un danneggiamento, un sabotaggio, un’azione di lotta contro il sistema? L’uso della violenza, quale mezzo di risposta adeguata per combatterlo, dovrà pur risultare effettivamente mezzo che perlomeno mette in difficoltà il sistema contro cui si scaglia?
Guardiamo cos’è successo in questo caso e quali risultati ha determinato. Tutto il baraccone scandaloso dell’EXPO si trovava in notevole difficoltà ed era ampiamente screditato a molti livelli. Scandali di corruzione, lavori non completati secondo gl’impegni, gli interventi promessi all’atto della designazione ufficiale, per i quali Milano aveva vinto, completamente dimenticati (si è letteralmente fatto tutt’altro), non ultimo una grossa cementificazione che poi sarà abbandonata e un dilatarsi spaventoso dei costi di realizzazione (solita roba scandalosa all’italiana insomma). Contemporaneamente stava montando un movimento trasversale anti/EXPO consapevole, puntualmente critico ed anche determinato che aveva promosso le “cinque giornate di Milano contro l’EXPO”.
Dopo l’intervento, ampiamente previsto da tutti, del cosiddetto “blocco nero” il primo maggio giorno dell’inaugurazione, l’EXPO ha avuto un grande successo d’inaugurazione, almeno in questa prima fase non sembra più screditato come invece lo era prima, c’è stata una mobilitazione solidale di cittadini per riparare i danni provocati, c’è un afflusso molto consistente di visitatori che permette agli organizzatori, per ora, di dichiarare il successo, sempre per ora la critica che stava montando a tutte le porcate dell’EXPO tace, le preannunciate cinque giornate di contestazione sono saltate. Bhé! Mi vien da dire spontaneamente che una pubblicità migliore l’EXPO non sarebbe certo riuscito a darsela da solo. Ed è incontestabile (almeno credo) che il noto “blocco nero”, nolente o volente non è dato saperlo (perlomeno a noi comuni mortali), ha reso un servizio notevole di pubblicizzazione e di rafforzamento degli atti del dominio, proprio quelli che si dovevano contestare in modo radicale e sabotare. Il che, vien da pensare, non contraddice la scelta dichiarata delle forze dell’ordine di “lasciarli fare per non dar adito a cose peggiori”.
Miglior servizio al potere non lo si poteva fare.
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17 maggio 2015
Patrizia Chiesa nel suo diario in facebook ci comunica: «Milano sotto attacco. Sono i White Block, sono nati dopo il primo maggio e stanno crescendo a macchia d'olio. Distruggono qualsiasi segno presente sui muri di Milano, puliscono anche i marmi con i nomi delle vie. Sono armati di sbiancanti, pennelli e tute bianche. Leroy Merlin è sotto attacco. Brico sta resistendo. Non si possono identificare per via delle mascherine anti acari. Un gruppo è stato bloccato e disarmato all'ingresso del Cenacolo. E' stato istituito un numero verde per le vittime dei white block.» Quando l’ho letto non ho potuto fare a meno di pensare, per analogia, ai famosi “opposti estremismi” degli anni settanta. I “block” sia in versione “white” sia in versione “black”, l’una espressione riflessa antitetica dell’altra, non sembrano proprio “avere molto sale in zucca”. Come si muovono fanno danni e lasciano solo un disgustoso senso d’amaro in bocca.