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2016: glorie e titubanze di una Francia in rivolta

Pubblicato da Andrea Papi in rivolte nel mondo · 19/6/2016 05:42:00
   
     
Da diversi mesi una parte consistente della popolazione francese sta contrastando, anche in modo duro, l’approvazione della “Loi travail” (legge sul lavoro molto simile al jobs act di casa nostra) voluta dal governo socialista. Negli ultimi due mesi lo scontro col potere politico centrale sembra essersi ulteriormente esasperato, dal momento che le forze sindacali sono scese in campo con determinazione. L’intera Francia si trova così fortemente scossa da scioperi, sommosse, grandi partecipazioni assembleari nelle piazze delle più importanti città. Fortemente colpito dall’ampiezza della decisa partecipazione popolare che sembra non arretrare, dalle nostre parti qualcuno ha subito gridato, con troppo entusiasmo, alla rivoluzione nelle strade di Parigi, magari immaginando che saremmo davanti a una novella Commune a circa 150 anni di distanza.
Tutti noi in verità stiamo in qualche modo gioendo di fronte alla rivolta francese. In essa vediamo giustamente una specie di riscatto popolare di massa, dopo aver tanto solo subito praticamente ovunque. La tradizione e il cuore fortunatamente continuano ad essere solidali sempre e comunque con gli oppressi. Ma l’intelligenza e la spinta rivoluzionaria autentica non possono limitarsi all’entusiasmo iniziale, mentre hanno bisogno di comprendere quale sia la posta in gioco e verso cosa tendono rivolta e voglia di riscatto, ammesso che tendano verso qualcosa. Se non c’è questo sforzo di comprensione non potrà che riproporsi, per l’ennesima volta, la fine di tutto una volta che gli ardori iniziali si saranno placati, una volta che la voglia dello scontro si sarà sgonfiata, rimanendo soltanto desiderio di una minoranza sempre più minoranza, inesorabilmente destinata ad essere rintanata ai margini.
Un aspetto in particolare colpisce di primo impatto i sentimenti e le emozioni, non a caso pompato ad arte dai mass-media: la durezza dello scontro, da una parte e dall’altra, ogni volta che le folle scendono in piazza per manifestare la loro rabbia e gridare il loro desiderio di giustizia, con un uso sistematico della violenza. Risalta soprattutto che non sia solo la polizia a determinare lo scontro, com’è da sempre nel suo DNA repressivo, ma che in più d’un’occasione sia una parte dei manifestanti a volerlo e provocarlo, quasi vedesse nello scontro con le forze dell’ordine il fulcro fondamentale della lotta. A questo aspetto dell’azione rispondo con alcune frasi, (in Umanità Nova n°20 del 12 giugno 2016 - Mobilitazione contro la “Loi travail” e Quale strategia oggi e nel futuro?) del "Groupe Salvador-Segui", gruppo di compagni impegnati nella rivolta francese in atto: «Non condividiamo la volontà di alcune/i di voler affrontare a tutti i costi la polizia – poiché questa è meglio equipaggiata ed addestrata di noi – ma ci opporremo sempre alla violenza della polizia».
Personalmente non condivido questa logica di attacco, non solo perché la polizia è meglio equipaggiata come sostengono i compagni francesi, ma perché sono convinto che, oltre a non portare da nessuna parte, devii il senso della lotta e ne sposti l’obiettivo. Trovo infatti estremamente illusorio, oltre che deleterio, anche solo supporre di poter conquistare militarmente, perché di questo si tratta, la supremazia per… imporsi? prendere il potere? costringere le autorità ad accettare le proposte riformiste con la forza? o per che cosa? A parte l’ovvia considerazione che è solo una minoranza a spingere per un crescendo della violenza, quindi non si tratta di una presa di coscienza collettiva generalizzata, trovo politicamente infantile supporre di poter abbattere il potere vigente in questo modo, costretti come siamo, nolenti, a subire potentissime forme di dominio sovrastatali che se ne fottono dei singoli casini territoriali. Se non è per abbattere il potere, per quale ragione allora alzare il livello dello scontro ed esporsi più di quello che si è costretti a subire alla repressione, già di per sé sufficientemente alta? Tutto ciò non può certamente aiutare la lotta in alcun modo, la quale anzi rischia di essere fiaccata al di là della volontà e delle intenzioni dei “lottatori”. Del resto in proposito è significativo proprio ciò che è scritto sempre su Umanità Nova: «Un gran numero di manifestanti non partecipa più ai cortei a causa dei lacrimogeni che si beccano nelle manifestazioni: una parte del movimento sembra essere stato distrutto in questa maniera
Per quanto invece riguarda il senso i contenuti e le modalità della lotta e della rivolta, ci sono aspetti incoraggianti e nuovi come il movimento "Nuits debout", spontaneamente sorto fin dall’inizio nelle piazze, dove il permanente confronto assembleare permette scambi d’idee e di proposte innovative. Ma per superare rafforzati la fase iniziale si dovrebbe trovare uno slancio costruttivo di proposte concrete e sperimentazioni alternative. La mobilitazione generale invece, coi suoi contenuti sindacali e il suo bisogno di uscire dalle costrizioni di gabbie salariali sempre più opprimenti, fa fatica a trovare una sua specificità, in grado di dare una spinta innovativa più in sintonia con l’attuale dimensione del lavoro, in ostaggio e sottoposto al ricatto di egemonie finanziarie oltremodo soffocanti.
In proposito trovo interessante l’analisi del documento Una primavera senza sole – un tentativo di bilancio in piena corsa (rilevato dal sito Il lato cattivo), distribuito durante la manifestazione nazionale del 14 giugno 2016 ed elaborato da Alcuni comunisti della regione parigina. Le critiche che pone, di un’unità del movimento non così scontata, assieme alla sottolineatura dei limiti della sua ampiezza, «partecipazione più modesta che nel 2010», inducono a riflettere, a non accondiscendere acriticamente all’immediato impatto emotivo, indotto dalla forza comunicativa suscitata dall’effettiva potente rivolta che mostra al mondo una Francia indomita, capace di ribellarsi con forza contro i sistemi di dominio che ci stanno opprimendo in modo sempre più implacabile.
Andreapapi




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